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Il racconto del Risorgimento rimanda spesso all’idea di una storia lontana e polverosa oppure al mito retorico e monumentale di molte celebrazioni pubbliche. Visto da vicino, però, il Risorgimento è stato tutta un’altra storia, che oggi inquadriamo globalmente come l’«età delle rivoluzioni». Una storia fatta di vite appassionate, e spesso spericolate, sospese tra un mondo che andava in frantumi e uno che nasceva. Il nostro. I percorsi che seguono vogliono presentare questa trasformazione usando come lente la città di Mantova, raccontando che ruolo ha avuto e dando voce alle persone e ai luoghi coinvolti.


Il vento della rivoluzione

E fu subito guerra (rivoluzionaria)
La Rivoluzione francese cambiò il volto dell’Europa. Negli Stati italiani, nei Paesi Bassi e nel resto d’Europa c’era chi aspirava a una trasformazione radicale dell’Antico regime e progettava di “fare come in Francia”. I sovrani invece temevano che il virus rivoluzionario colpisse anche i loro stati e pensavano di intervenire militarmente. D’altra parte, gli stessi francesi si sentivano investiti dal dovere di “esportare” la rivoluzione. Una guerra europea era inevitabile.
Dall’aprile 1792 la Francia entrava in guerra con le principali potenze europee e lo sarebbe stata per quasi venti anni. All’inizio le armate rivoluzionarie erano piuttosto improvvisate e furono spesso in difficoltà, ma ben presto le cose cambiarono: una migliore organizzazione delle truppe e una nuova generazione di generali permisero all’esercito francese di ottenere vittorie sui diversi fronti. Alla testa dell'armata francese in Italia vi era un giovane generale, Napoleone Bonaparte.


Annessa alla Monarchia asburgica nel 1707, Mantova fu da subito considerata un luogo chiave per la difesa dei territori italiani dell’Impero. Nei decenni successivi furono condotti imponenti lavori di risistemazione delle difese meridionali, fu potenziata la Cittadella, la stessa città fu riorganizzata in chiave militare con la creazione di caserme, ospedali, magazzini. Alla vigilia della Rivoluzione Mantova appariva inespugnabile.

«La vicinanza ai confini dell’Alemagna [...] la dificultà che vi è di bloccarla [...] e la facilità che si ha di soccorrerla [...] riuniti insieme sono tali che non è possibile di rinvenirli in alcuna altra città»
Nicolò Baschiera, 1752 (ingegnere addetto alla costruzione della fortezza)
La Rivoluzione arriva a Mantova

L’assedio
Dopo essere stati sconfitti a Lodi, gli austriaci avevano di fatto sgomberato la pianura lombarda. Solo Mantova era rimasta sotto il loro controllo: 12.000 uomini comandati dal generale Wurmser si apprestavano a reggere l’impatto dell’armata di Bonaparte. Il 3 giugno 1796 iniziò l’assedio che si protrasse per otto mesi, segnati da tentativi austriaci di liberare la città, temporanee ritirate francesi, battaglie campali.



L’assedio fu caratterizzato da razionamenti e sofferenze. Ecco cosa si legge in una cronaca del tempo: «3 ottobre, ordinata l’uccisione dei cani; 7 ottobre, introdotte una quantità di cedole monetarie a stampa; 10 novembre, freddo eccessivo, per cui alcuni soldati si ritrovano morti alle palizzate; 21 dicembre, cavalli per la prima volta macellati; 30 dicembre, morte che serpeggia, ed incomincia a far strage ne' Cittadini».

Nel gennaio 1797 gli austriaci fecero un ultimo tentativo di liberare Mantova. Il generale Provera con 9 mila uomini varcò il fiume Adige con l’intento di riunirsi alle truppe presenti in città. Bonaparte si precipitò a Mantova per impedire che la sortita austriaca avesse successo. Il 16 gennaio si svolse presso Villa La Favorita la battaglia che segnò il destino di Mantova: il contingente di Provera fu annientato e le truppe di Wurmser furono respinte in città.

«Atmosfera corrotta, molti cadaveri ovunque mal sepolti, aria non mai cambiata, mancanza de' vini e vegetabili»
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Dopo la sconfitta della Favorita, gli austriaci resistettero altre due settimane in una città nella quale - ci ricorda ancora la cronaca del tempo - la situazione era ormai disperata: «Atmosfera corrotta, molti cadaveri ovunque mal sepolti, aria non mai cambiata, mancanza de' vini e vegetabili». Senza possibilità di avere aiuti esterni, il 2 febbraio 1797 il generale Wurmser decise di arrendersi. Gli fu concesso l’onore delle armi e di riparare in Austria con 700 uomini sopravvissuti

Mantova repubblicana
Nel febbraio 1797 Mantova diventò repubblicana. Le insegne dell’antico regime caddero, la nobiltà venne formalmente abolita. La città fu retta da una Municipalità democratica, guidata da “patrioti”, uomini appartenenti sia all’aristocrazia "rigenerata" che ai ceti medi e al mondo delle professioni che avevano come modello la Francia rivoluzionaria. Si guardò al futuro con grandi speranze, recuperando anche il glorioso passato della città.

Le autorità repubblicane promossero dovunque i nuovi valori e immaginari rivoluzionari anche mediante progetti di risistemazione architettonica, feste civiche, parate. Con la regia dei militari francesi, lo spazio pubblico fu riempito di simboli repubblicani (fregi, bandiere tricolori, l’albero della libertà), non tralasciando però di celebrare anche una gloria locale: il poeta latino Virgilio.

La Repubblica Cisalpina fu creata da Bonaparte nel giugno 1797 e comprendeva buona parte dell’Italia centro-settentrionale. Mantova vi entrò solo in un secondo momento (ottobre 1797) in seguito alla pace di Campoformio. La Cisalpina aveva una costituzione, istituzioni rappresentative, ideali repubblicani, ma era anche strettamente dipendente dalla Francia e dalle scelte politiche e militari di Napoleone.


Bonaparte mediatico
Per Bonaparte la campagna d'Italia fu una straordinaria occasione per presentarsi all’opinione pubblica non solo come generale, ma anche come leader politico. A questo scopo si impegnò nella creazione di giornali che dessero spazio alla narrazione delle sue imprese e che presentassero il suo punto di vista. Il più importante fu il «Courrier de l'armée d’Italie»: distribuito gratis ai soldati e venduto a Milano e Parigi, presentava una grafica accattivante e uno stile giornalistico moderno.


Bonaparte comprese subito quanto fosse importante raccontare le sue gesta anche per immagini. Entrò in contatto con artisti affermati (Andrea Appiani, Antonio Canova) e divenne anche un talent scout, scoprendo il giovane Antoine-Jean Gros, divenuto poi uno dei più importanti pittori dell’epoca. È a loro che si deve la realizzazione quasi in tempo reale di ritratti del giovane generale repubblicano.


Fra rivoluzione e controrivoluzione

Una fortezza francese
A fine ottobre 1797, prima di lasciare la penisola, Bonaparte si recò in visita a Mantova, accolto come «padre e tutore d’un popolo, che da lui riceveva la libertà». Ma al generale interessava soprattutto che Mantova tornasse a essere un’inespugnabile fortezza militare. La città rimaneva sotto occupazione dell’esercito francese ed era tenuta a «somministrare l’ospitazione necessaria all’armata», ossia alloggiare, nutrire e pagare i soldati. Nei due anni successivi questi costi non resero certo popolare l’armata transalpina.



Nel 1799 una nuova coalizione delle potenze europee alla quale aderì anche la Russia avviò un’estesa controffensiva che aveva come teatro principale proprio la penisola italiana. Mentre Bonaparte era impegnato in Egitto, le truppe austro-russe riconquistarono rapidamente Lombardia e Piemonte. Resisteva Mantova che divenne ancora una volta teatro di un assedio, anche se a parti invertite.


Il ritorno degli austriaci
L’assedio fu più breve di quello del 1797: durò quattro mesi, da aprile a luglio 1799. La città circondata da quasi 40 mila soldati austriaci e russi fu oggetto di un intenso bombardamento che distrusse le mura difensive e provocò molti morti tra i francesi. Con la guarnigione decimata e senza possibilità di aiuti esterni, il suo comandante – il generale François Philippe Latour-Foissac -alla fine si arrese. Come era successo nel 1797, gli sconfitti ebbero gli onori militari e poterono rientrare in patria.

Il ritorno degli austriaci fu accolto con manifestazioni di gioia non solo dal clero e dall’aristocrazia, ma anche da quella parte dei ceti popolari, che avevano sofferto gli onerosi costi della presenza francese. Gli austriaci cancellarono le istituzioni create nel triennio precedente, allontanarono gli impiegati che avevano giurato fedeltà alla repubblica e arrestarono decine di democratici.

Il generale che si fece re

Da Bonaparte a Napoleone
Tra il 9 e il 10 novembre 1799 (18-19 brumaio secondo il calendario rivoluzionario) Bonaparte fece il suo spettacolare esordio politico. Il governo francese era in difficoltà per ragioni politiche e militari. Emmanuel Sieyès, uno dei suoi membri, progettò un colpo di stato con l’appoggio del popolare generale. Bonaparte andò oltre. Sciolse il Parlamento e poche settimane dopo assunse il titolo di primo console. Aveva inizio l’età napoleonica.

Ormai leader indiscusso della Francia, Bonaparte rivestì ancora i panni del generale per affrontare l’Austria sul suolo italiano. Con un audace piano attraversò le Alpi alla guida di un’armata di 50 mila uomini, aggirando le forze austriache. Dopo essere entrato trionfalmente a Milano, sconfisse l’armata asburgica nella battaglia di Marengo (14 giugno 1800). Il trattato di Lunéville (1801) ripristinò il potere francese nell’Italia settentrionale, compresa Mantova.


Tra il 1802 e il 1804 si chiuse definitivamente l’esperienza della Repubblica francese e si aprì quella dell’Impero. ll 2 dicembre 1804 avvenne l’incoronazione di colui che sarebbe stato da allora in avanti Napoleone. Il rito sembrava simile a quelli del passato. Ma stavolta non era il Papa a porre lo scettro sulla testa dell’imperatore e di sua moglie, bensì Napoleone stesso. Il messaggio era molto chiaro: il potere sacro gli derivava da Dio e al contempo da sé stesso.

La stessa scena si ripeté qualche mese dopo a Milano. Il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano si svolse la solenne cerimonia di investitura di Napoleone come re d’Italia. Alla presenza delle principali autorità religiose, politiche e militari, Napoleone si mise sul capo l’antica Corona ferrea, dall’età longobarda simbolo dei sovrani d’Italia. Alla fine della cerimonia, Napoleone venne acclamato dai presenti: «viva l’imperatore e il re».

Il Re Imperatore a Mantova
Fin dall’ingresso a Mantova nel 1797 Bonaparte si innamorò della camera dello Zodiaco a Palazzo Ducale coperta da una volta affrescata intorno al 1580 da Lorenzo Costa il giovane con l’oroscopo del committente Guglielmo Gonzaga. Vi soggiornò più volte e, dopo l’incoronazione e l’elevazione del Palazzo a residenza reale, nel luglio 1811 fece inviare da Milano un letto a baldacchino con un’aquila imperiale, in cui tuttavia dormì mai.

Quando i funzionari asburgici perlustrarono Palazzo Ducale alla ricerca di reperti napoleonici da eliminare si imbatterono in una stampa raffigurante una delle copie del celebre quadro di Jacques-Louis David dedicato all’attraversamento delle Alpi di Bonaparte. L’incisione era opera dell’incisore Giuseppe Longhi che dal 1796 aveva tradotto grandi quadri celebrativi in formati accessibili al grande pubblico.

Nell’appartamento dell’architetto di Palazzo Ducale nell’aprile 1811 venne collocato un busto in marmo dell’imperatore. La scultura era una delle molteplici copie anonime di una celebre opera di Antonio Canova. Molte di queste erano state realizzate in uno stabilimento di Carrara per iniziativa di Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone e dal 1805 alla guida del Principato di Lucca e Piobino.
Basilio Lasinio coniugò costantemente il suo impegno nei corpi topografici delle armate cisalpine e poi italiche con la sperimentazione innovativa e apprezzata dell’incisione calcografica a colori. Ne è una declinazione efficace la ritrattistica immaginifica dell’imperatore volante a cavallo all’apice del suo successo politico e militare in occasione della vittoria del 2 dicembre 1805 contro le forze austro-russe in Moravia che consolidò il dominio francese sull’Europa.



Per circa dieci anni Napoleone fu anche sovrano del Regno d’Italia. L’Italia fu sia teatro di battaglie, soprattutto nel Nord, sia base di partenza per le successive campagne napoleoniche. La grande armata di Napoleone estese il dominio francese su buona parte dell’Europa, prima che la disastrosa campagna di Russia segnasse l’inizio del suo declino. La sconfitta portò alla marcia su Parigi delle truppe della coalizione antifrancese e, nell’aprile del 1814, alla prima abdicazione dell’imperatore, dovuta anche al crollo dei vari regni posti sotto il controllo francese, tra cui quello d’Italia. Mantova tornò così sotto il dominio Austriaco.

